Lettere del Parroco

DON LUIGI CHIAMPO scrive alla Comunità

Natale 2017

“Maria serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (Lc. 2,19) 

Maria vive il Natale così: serbando e meditando. La nostra abitudine al gossip trova l’esatto opposto nel comportamento di Maria. Serbare significa mettere insieme, operazione complessa se manchiamo di riflessione e ci facciamo colpire solo dal sentire momentaneo. Meditare è riflettere in profondità; dunque Maria ci insegna a mettere insieme la vita per poterne cogliere tutta la bellezza e la presenza di Dio nella quotidianità, anche quella più banale o abitudinaria: credo sia questo il Natale più autentico.

Maria non parla prega, non cerca di essere vista ma guarda, non si accontenta della corteccia ma desidera la linfa, non è protagonista di un film ma lo guarda dalla platea, non cerca adorazione ma sa adorare.

Troppo spesso facciamo parlare troppo Maria; qui no, qui non dice una parola perché questo avrebbe rotto il silenzio, e sarebbe stato come rompere un giocattolo appena scartato sotto l’albero. Ed era la sua abitudine, quasi a dirci, con un po’ di ironia; “prima di parlare taci”.

In un mondo molto abituato ad agire, spesso istintivamente, e poi, forse, a riflettere sull’accaduto, Maria ci ricorda il discernimento che porta all’agire; un movimento riflesso e approfondito dove l’altro acquista molta più importanza di quella che concedo a me stesso; dove la ricerca del bene per l’altro è molto superiore e profonda del bene che cerco per me stesso.

L’euforia che circonda quel momento per Maria è dolce sorriso di un evento preparato a distanza; angeli e pastori che gioiscono e lodano Dio cantando trovano di riflesso Maria cantare nel suo cuore l’inno più bello al Figlio di Dio e suo: la gioia di raccogliere il frutto del mettere insieme meditando.

Sempre Papa Francesco ci invita alla riflessione, e le sue parole sono sempre un approfondimento della vita, anche quando possono essere forti e taglienti. Parlando del Natale dice; “Come per i pastori di Betlemme, possano anche i nostri occhi riempirsi di stupore e meraviglia, contemplando nel Bambino Gesù il Figlio di Dio”. 

E di Maria: "Maria, donna dell’ascolto, rendi aperti i nostri orecchi; fa’ che sappiamo ascoltare la Parola del tuo Figlio Gesù tra le mille parole di questo mondo; fa’ che sappiamo ascoltare la realtà in cui viviamo, ogni persona che incontriamo, specialmente quella che è povera, bisognosa, in difficoltà. Maria, donna della decisione, illumina la nostra mente e il nostro cuore, perché sappiamo obbedire alla Parola del tuo Figlio Gesù, senza tentennamenti; donaci il coraggio della decisione, di non lasciarci trascinare perché altri orientino la nostra vita. Maria, donna dell’azione, fa’ che le nostre mani e i nostri piedi si muovano “in fretta” verso gli altri, per portare la carità e l’amore del tuo Figlio Gesù, per portare, come te, nel mondo la luce del Vangelo. Amen".

Natale 2016

Carissimi fratelli e sorelle,

 

dal Presepe al Calvario: la vita di fede, e di senso esistenziale del cristiano si sviluppa tra queste due realtà. La natura ci ricorda che Cristo nasce in inverno e muore a primavera; l’esperienza ci insegna che si nasce nella gioia e si muore nel dolore; il mistero della vita chiarifica il luogo della vita e mette in ombra quello dell’addio. La felicità e la sofferenza si rincorrono in un inseguimento senza fine: sull’altalena della vita l’una mi spinge in alto fino al cielo mentre l’altra mi fa strascicare a terra, quanto desidero la gioia sul dolore anelo con dolore alla gioia.

Nel conto corrente dell’esistenza umana le colonne della gioia e del dolore sono come quelle del dare e avere; spesso ci troviamo l’estratto conto in rosso: perenni creditori dalla vita, spesso debitori dal buon Dio. Nel prologo del Vangelo di Giovanni passiamo dalla luce del primo versetto: “Dio si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi” al buio dell’undicesimo: “venne nella sua casa e gli uomini non l’hanno accolto”: un no può segnare il Natale come la risurrezione incidere sulla Croce.

Eppure Cristo Gesù ha redento il mondo dando senso al non senso, e lo ha fatto in questo breve arco esistenziale tra il Natale e la Pasqua.

Spesso questi poli esistenziali tra la felicità e la sofferenza innalzano barriere tra gli uomini, con Dio e in noi stessi: barriere che cadranno soltanto quando, in unione col Cristo, vorremo la ripresa in pieno dell’unità tra il cielo e la terra.

La nostra impotenza di mente, di volontà e di cuore può essere superata dalla forza che viene dal Signore. Nelle nostre raffigurazioni o immaginazioni l’abbiamo lasciato allo stato di Bambino o di Crocifisso, cioè in una condizione di impotenza; eppure anche in tali rappresentazioni, che dicono la nostra mancata collaborazione e responsabilità, Gesù Cristo ci parla e ci illumina, perché proprio in lui sofferente come Bambino e come Crocifisso, possiamo intravedere gli effetti spaventosi delle nostra divisioni, miste di fragilità e di peccato.

Nel presepe vedo bambini di tutto il mondo che piangono di fame e di abbandono; sulla Croce i nostri compagni di s-ventura, disoccupati, taglieggiati, oppressi e crocifissi. Non credo ai mercanti di necessarie barriere o di guerre risolutrici: guardiamo al Presepe e al Calvario e troveremo risposta all’incosciente menzogna. E con la risposta una grande speranza perché è dal Presepe e dal Calvario che inizia la Redenzione dell’uomo. Se nel calvario delle trincee fosse passato un bambino qualcuno avrebbe trovato il coraggio di sparargli contro? Oggi si è arrivati a questo! Cristo continua a passare tra le trincee costruite dalla nostra cattiveria, con gli occhi, il volto e la grazia incantevole dei nostri bambini e di tutti i bambini del mondo.

Il Natale è l’esaltazione di un Bambino e di tutti i bambini, e la Croce più grande per l’umanità è la sofferenza di questi; quando l’uomo innalza barriere tra se e Dio non scorge più il volto di quel Bambino, non vedendo più Dio l’uomo non ha più visto neppure il fratello e si è fatto furbo, padrone, prepotente, nemico; non vedendo più il Padre, l’uomo ha cercato di farsi provvidenza a se stesso in qualunque modo. Il Vangelo ci ricorda che è Natale tutte le volte che realizziamo l’invito di Gesù a farci “piccoli per il Regno” per recuperare quell’innocenza che sa: di neve sulla Messa di mezzanotte, di volto a pieni occhi di bimbo che ha illuminato la grotta di Betlem, di sguardo di un bimbo che tra stupore e meraviglia impedisce lo scorrer del tempo, di fiducia incondizionata che fa tender le mani in attesa di altre per sostenere i primi e gli ultimi passi, di sorriso che stana dal cuore i rimorsi del vivere e riapre la limpidezza dell’anima.

Tra il Presepe e il Calvario scorre la vita di ogni uomo, in questo arco dell’esistenza il Padre dei Cieli ha “incarnato” il suo Figlio, icona di eternità in questo quadro terreno dai mutevoli colori. Era ben consapevole, il buon Dio, in quale paesaggio avrebbe camminato: tra le speranze di Dio e le attese dell’uomo. Le speranze di un Regno da annunciare e da vivere di fronte al desiderio umano di un “facchino universale” capace di spostare i pesi terreni che nessuna spalla umana avrebbe mai sopportato.

Già la Croce si erge sulla grotta di Betlem, come angelo premonitore per sostituire il Gloria con l’Alleluja. E si innalza anche la voce della nostra fede che, come voce bianca di un bimbo dal presepe, riprende quella pasquale del giovane al sepolcro: “non è più qui è risorto!”.

Dal Presepe al Calvario consapevoli che non può mai esserci l’uno senza l’altro, e altrettanto certi nella fede che solo la Resurrezione di Cristo può dare senso e compimento sia all’uno che all’altro.

Con l’augurio di un Natale con la meraviglia di un bambino che sente le labbra bagnate correndo dietro ad un fiocco di neve, e la sofferenza dei tanti bambini che hanno la Croce piantata dalla culla.

Quel Bambino del presepe che ha scelto la Croce come motivo di salvezza rinfranchi i nostri cuori e non ci faccia mai perdere di vista quella Speranza a cui siamo stati chiamati.

 

Buon Natale

 

Fraternamente

 

don Luigi

 

 

 

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